Welfare

Chiapas, i volontari dicono “Ya basta!”

Il governo del presidente Zedillo continua a reprimere i diritti umani. E non gradisce che qualcuno ficchi il naso in quanto succede in casa propria. Eppure, dice Jahier della Focsiv, «è un bene che

di Paolo Giovannelli

Occhi puntati sul Messico, dopo l?espulsione a vita di 40 ?osservatori? dell?associazione ?Ya basta!? (Ora basta!), diretta emanazione dei centri sociali italiani, recatisi nel Chiapas per monitorare i diritti umani. E adesso anche il volontariato internazionale di matrice cattolica dice la sua sulla vicenda. Accaduta non certo a osservatori esperti, come quelli addestrati e targati Onu, ma a semplici persone, fra cui molti giovani, che hanno voluto direttamente rendersi conto della condizione delle donne di Taniperlas, un villaggio nel cuore del Chiapas, nella Selva Lacandona. Osservatori convinti che la politica internazionale non è solo gioco di diplomazie. Gente che ha visto ciò che non doveva vedere: ossia circa 140 donne, contadine filozapatiste, detenute e minacciate da paramilitari fedeli al Partito rivoluzionario istituzionale, la formazione politica di governo. Questi volontari, probabilmente, hanno sventato un?altra Acteal, un altro massacro di donne e bambini come quello perpetrato dalle guardie armate dei grandi allevatori messicani, addestrate da componenti dell?esercito e della polizia federale messicana.Il presidente della Federazione organismi cristiani di servizio internazionale (Focsiv), Luca Jahier, è indignato: «Certo, il Chiapas è una zona ad alta tensione, dove è sempre delicato intervenire: occorrono osservatori o mediatori esperti perché lì c’è un esercito che certo non difende l?interesse della popolazione repressa e certo il governo di Ernesto Zedillo non ricerca la pace col fronte zapatista. Ma è anche un bene che ci siano persone che si recano sul posto, con missioni permanenti o viaggi occasionali, perché ciò tiene alta l?attenzione, a livello internazionale. L?intervento di questi volontari è servito a calmierare una più brutale violazione dei diritti umani, anche se bisogna stare attenti a non innescare pericolosi incidenti. Da questo punto di vista, stavolta è andata bene».
Sul recente accordo sugli scambi e le questioni commerciali tra l?Europa e il Messico, Jahier commenta più seccamente: «Si sa», risponde, «diritti umani e rapporti commerciali non vanno necessariamente insieme. Al tempo di piazza Tienanmen nel 1989, molti Paesi congelarono i rapporti commerciali con la Cina mentre oggi, con i cinesi, in molti ?sorvolano? sui diritti umani».
Dopo Jahier è la volta della presidente dell?Associazione laicale missionaria (Alm), Rita Gallo. L?Alm è una ong di ispirazione cristiana che in Messico opera nella zona settentrionale del Paese, a Torreòn: «Con noi anche la Chiesa sta combattendo molto, sul versante dei diritti umani. Ogni volta che c’è una violazione dei diritti umani noi siamo con chi soffre». Non a caso, infatti, in contemporanea con l?esplodere della rivolta zapafista. il vescovo Samuel Ruiz, dalla chiesa di San Cristobal de las Casas, denunciò la triste condizione dell?essere indios: «L?angoscia degli indigeni», tuonò, «è arrivata al limite, già 15 mila persone sono morte di fame in Chiapas». Così, il ?subcomandante? Marcos non poté far altro che trovare le risposte alla sofferenza degli indios nella lotta annata clandestina.
È infine la volta del coordinatore centrale della rete internazionale studentesca che fa capo all?Istituto per la cooperazione universitaria (lcu), Carlo De Marchi: «Il nostro stile», precisa, «non è quello di rivendicare, né di denunciare. Ma, al nostro congresso annuale di Roma, che si intitola Univ, abbiamo dato voce ai nostri colleghi universitari messicani, semplici volontari di ong locali che agiscono quotidianamente; nell’aprile scorso hanno presentato le loro iniziative nei campi di lavoro in difesa dei diritti umani, sia nei villaggi del Messico che in quelli, più difficili, della regione del Chiapas».

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